giovedì 24 dicembre 2020

Mastro Oliva, capitolo 3

 Verme

Sono un verme, oggi mi rotolavo tra terriccio e piccoli arbusti, ho trovato tra essi un uscita che forse era un entrata, ho scavalcato montagne di sassi, cumuli di pietre ed ho sempre condotto al di là la mia sporadica presenza.
Mi attorcigliavo ad ogni curva della vita, ne ho trovato giovamento, correvo dritto appena imboccata un'autostrada di verità e di sapere, avevo pochi occhi puntati, inosservato o osservato sol da chi aveva intenzioni sul mio conto.
Ad altre aspirazioni intendevo portare la mia vita, volare come una farfalla o contare come un usignolo, ma fa nulla, per questo giro di roulette mi comporterò e prenderò le sembianze di un animale strisciante, un essere da bassifondi, di quelli che si ci può poco fidare, o con cui ti puoi ubriacare quando non hai nessun amico più; sono legato al cosmo più di quel che tu puoi pensare, e tranquillo, farò io il lavoro sporco, mi tocca il fango, la pozzolana, il bagno di umiltà, le lunghe serate inerme nella solitudine, le beccate più atroci di un esistenza volitiva ...


 Fiore

Ho giocato a sorridere al Mondo, il mio dolore l'ho trasmutato come meglio non potevo, ero fiore, ed ero fiero, di esserlo, incorporarlo, donarlo, piantumarlo.
Ma in verità era solo il solletico a giocarmi un brutto scherzo, quello prodotto dalle mie amiche api, zampette che mi premevano, e mi succhiavano, a loro rispondevo gioviale, forse perchè sol immobile potevo stare, solo col naso rivolto sempre all'insù potevo mostrarmi.
Ma vorrei essere ricordata anche per altro, per i miei buoni sentimenti, per il mio attento interessamento, per le preghiere, le esortazioni, i languidi pianti e le susseguenti fragilità.
Non ne nascondo nessuna di esse, ma risplendo ed intono un coro di lieta gioia, con aria un po' stupidina, un po' giovinetta che non sono, amo quel che è, un cielo azzurro azzurro, una giornata splendente raggiante, lo scrosciare del matto ruscello, la rugiada, la calma apparente, la calura, i tramonti e le albe, il rinfresco serale, e la linfa vitale ...


 Filo d'erba

Mi vedete qui in basso, più a terra che non si può, sottostante, e sottostato, ma io non lo sono, io sono di origine nobile, dovete sapere che la mia famiglia possedeva un regno, con un re ed una regina, un ambasciatore ed un maggiordomo e pure una reggia, un castello, una città tutt'intorno.
Ora sono un semplice filo d'erba, vengo brucato dalla mattina alla sera, vengo scosso dalle brezze mattutine, vengo continuamente ferito dai maldestri giardinieri da strapazzo ... per favore, glielo dite voi stessi che io preferisco avere e ci tengo alla mia folta, riccioluta, immensa chioma?!?
Sì, esatto, proprio la mia chioma, il ciuffo, la cresta, sbarazzina com'era, impertinente e selvaggia, e svolazzante, era quella la mia unica corona, il mio vessillo che mi dava lustro, mi ergeva come un leader, un capo indomito, e svettavo, sovrastavo, sì che sovrano ero, su quei piccoli, irrisori esseri tali come formiche, lombrichi, scarabei, termiti e coccinelle ... tranne poi, ahimè, quando arrivò il malaugurato giardiniere ... ahimè ...


 Lumaca

Ho strisciato in lungo ed in largo, ho sgobbato di brutto, sudato le famigerate sette camice, ed anche più, mi sono costretto, a volte umiliato, sobbarcato ed incurvato troppo a lungo ... perchè l'ho fatto? Ho mica figli da mantenere? O una patria da difendere? Forse è qualcosa che ha a che fare con l'orgoglio o con il controllo, oppure semplice ambizione, assicurarsi un futuro, una posizione sociale, la pietà del prossimo, del mio compitino svolto bene e potrei dirne ancora molte ...
Il punto è che sono passati anni e lumaca sono rimasto, non altro, non altre evoluzioni, divenire, o salti di classe, di specie, di carriera o di considerazione. Ed ora per di più vivo nell'ininterrotto timore, meglio dire angoscia, del rimanerne schiacciato, avvertire sempre lì sopra il mio capo la presenza di un piede pronto a spiaccicarmi, ridurmi a poltiglia, annientarmi. Che lo faccia pure, se ne ha il coraggio, sono stufo, sono stanco del sembrare, voglio solo vivere nel mio assurdo, nel mio lento, scivoloso, soffuso peregrinar ...


 Zolla di terra

Sono stato terra, sono stato tante cose nella vita, ma ora sono tornato al mio stato primordiale, poche chiacchiere, pochi cavilli, solo nervo, solo tenacia, humus, desiderio.
Ho reso fertili le vostre giornate, unendomi ad uno spirito di creazione, come quando ero farina per il vostro pane, acqua per i vostri mulini, e quante altre imprese ho portato a termine!?! Quanto vigore ci ho messo! Quante immaginazione per creare l'impossibile, l'impensato, io, spirito di principio, di annunciazione, di alta rarefazione.
Voglio essere fiero di me, ma in effetti già lo sono, voglio continuare a servire la mia identità, ma come non posso stare ancora sulla breccia?!? L mia stessa sostanza è un inno al divenire, al creato, alla genesi, la bontà del vissuto e dell'immediato.
Perciò amatemi, aiutatemi, ed io semplicemente vi amerò.



A queste piccole scene di vita quotidiana Mastro Oliva assisteva con metabolica solerzia, ne prestava massima attenzione, ne attingeva per i suoi intriganti pensieri, e filosofie, che a volte poi in modo fascinoso esponeva presso il baretto di paese, nelle lunghe sere di inverni pensierosi e mai noiosi.
Tutti lo ascoltavano con gran stupore, tutti lo invocavano e lo acclamavano, gli davano merito, gli offrivano da bere e poi gran baldoria, brindisi e festeggiamenti, nella gran opportunità che il freddo invernale porgeva, quello di stare insieme, stretti nel calore, di un camino, di un inframezzato ascolto, nel salutare la fine di un nuovo giorno, non pensando alla fatica, non pensando al mondo fuori.
Mastro Oliva tornando poi a casa a tarda sera, brillo com'era, effervescente di sua natura, ondeggiante di andamento, gioioso sul momento, alzava lo sguardo, verso una, sue, tre stelle e più, gli inviava baci, un dolce pensiero verso il suo astro preferito, ricordando con ciò ogni volta di essere un romantico perso nel bel mezzo di una romantica campagna.


sabato 12 dicembre 2020

Mastro Oliva, capitolo 2

Mastro Oliva era uno stoico, Mastro Oliva era uno stacanovista, Mastro Oliva era un innamorato perso dei suoi luoghi, delle sue tradizioni, della sua operosità. Di fatti poteva essere il tempo bello o brutto, una intensa giornata ventosa, con un cielo chiuso, annuvolato, grigio o temporalesco, ed un mezzodì messosi a pioggia o ancor peggio a neve, e poi come alcuni giorni un risveglio nelle brume, pendii avvolti dalle nebbie, foschi paesaggi, ecco, da tutto ciò solo la sua figura emergeva nell'oltre, si stagliava spesso solitaria tra quelle fronde, quei solidi giacigli ombrosi, benevoli giardini fioriti, muovendosi con pregiata cautela, di sintonia con l'ovattata ambientazione di profonda pacificazione, di spessa distensione.

E la sua presenza, da ottemperare, come il timbrare un cartellino o meglio occupare quel banco, al primo posto, per essere ben visto, ben definito, ed infondere con ciò un coraggio o una viva resistenza, una prima linea da difendere, un caposaldo, un ergersi; di ciò la domanda correva sulla bocca di tutti; per chi faceva tutto ciò?!? Era solo orgoglio o non saper che altro fare?!?

Bene, dovete sapere, che anche suo padre di nome, o meglio di soprannome, era riconosciuto da tutti come Mastro Oliva, ed al tal pari lo era suo nonno, e di conseguenza per quel che se ne sapeva lo doveva essere ugual nominato ogni suo antecedente, suo avo, un suo di fatto precettore, ed ovviamente biblico modello. Perciò anche la sua discendenza, iniziando da suo figlio, un giorno avrebbe preso la sua stessa identifica o così lo di sperava.

Comunque oltre al nome, ciò che accomunava ognuno di essi di epoche così sfalsate, meno o più fortunate, era il loro vivo amore verso quelle piante, quel verde di pubblica visione, passandosi a testimone una docile fiammella che covava oltre ogni tempo e da tener sempre in auge.

Con ciò potremmo dire che il loro era un viaggiare nel tempo, o anche fermare il tempo, poichè mantenevano immacolata una stessa visione, una stessa dedizione, un continuum che a quanto pare nessuno era riuscito a fermare, ne le guerre, ne le invasioni, ne le alluvioni, ne i governi e neppure i luccicanti richiami innovativi di nuove occupazioni, nuove economie, a braccetto con lo sfavillio accecante del benessere, e del lusso mondano.

Anzi, qualche studioso o saggio locale riteneva essi stessi un portafortuna, al pari di una sorta di sciamano, o di operatore del buon vivere, che ogni qual volta le nuvole coprivano il sole, era loro compito riportare presto la luce, e la loro opera era un'arte propiziatoria, una preghiera di sacro cuore, un dialogo di vivo animo con la terra, con ciò che ci avrebbe presto riservato, aggiunto o tolto, arricchito o impoverito, cessato o ricreato.

Mastro Oliva perciò come un testimonial, un intermezzo, un custode, colui che tiene duro in tempi duri, e riporta il fiore alla fine di ogni essenziale inverno, un benefattore imparziale, un solitario garante allo svolgimento della vita. Ed ogni tuo simile posto in egual distanza in ogni ameno territorio, ed ogni territorio posizionato in egual circoscrizione intorno alla tua vivace pulsione appartenente solo ad un Mastro Oliva, fiero protagonista di quel romanticismo contadino.








giovedì 3 dicembre 2020

Mastro Oliva, capitolo 1

Lo conoscete a Mastro Oliva?!? 

Certo! Mastro Oliva, amico di tutti, o tutti si ritenevano suo amico, benvoluto in paese, ma viveva in campagna, fabbricatore di mille idee ma nessuno ascoltava i suoi consigli.

Mastro Oliva, con sempre il suo bel cappello o capello a punta, il suo giocoso carattere, e la sua personalissima collezione di scale, di tutte le grandezze, di tutte le misure, a che li servivano mai? Di notte nessuno lo sapeva, qualcuno dice che l'aveva intravisto mentre inghirlandava alberi circostanti di luci e lucine, di quelle intermittenti natalizie, abbellimenti e decorazioni, stelline e scintillamenti; di giorno, bene, era un campagnolo, un mastro, uso e comune per andar a baciar le sue piante, ed i suoi nobilissimi frutti.

Baciare, perchè lui amava le piante, le sue amate piante che aveva visto crescere, ingrandirsi, proliferare. Il Mastro e l'Oliva, insieme erano un corpo unico, si riconcorrevano, si attendevano, c'era del magnetismo, della candida fascinazione, del barlume di ossessione. A tal punto che il nostro caro Mastro sognava olive di notte, ma anche di giorno, le scorgeva a pranzo sedute presso la locanda, e recapitargli la posta ogni santo fine settimana, ne aveva vista una anche cavalcare il suo bianco cane, ed un'altra stesa sulla penzolante amaca a prender i tenui autunnali raggi solari.

Gli poteva sembrar strano tutto ciò? Ma no, per lui tra olive ed umani c'era poca differenza, anzi le olive erano state sempre tanto gentili con lui mentre degli umani c'era sempre poco da fidarsi, le Olive ammiravano Mastro, gli umani inquietavano Mastro, le Olive giocavano a diventare Mastro, e Mastro era orgoglioso delle sue Olive.

E Mastro ed Oliva si scambiavano, l'uno diventava così l'altro, scambiando ruolo in modo che umano e natura si confondevano, si annodavano, coabitavano, uno diventava improvvisamente più grande dell'altro, o più ciotto, o più affamato, meno scocchiato, più o meno indaffarato, smemorato, spaesato, squattrinato.

Animosamente un giorno li videro rincorrersi, ed il giorno dopo, pure; fine autunno rappresentavano momenti di gran fatica per Mastro, e difatti dopo una settimana la corsa era ancora nel vivo, e la fatica, la stanchezza come il mal di schiena aumentava di giorno in giorno; ci si chiedeva allora come mai un amore si poteva svolger con tanta sofferenza??? Avevan forse bisticciato? ... Ma chè, erano solo delle prove di affetto, prove semplici prove, diventate ancor più intense in quel azzuffarsi, quel movimentarsi perchè Mastro ed Oliva sapevano che presto si sarebbero osservati a distanza, nel sol ricordo di quell'ubriacatura stagionale, nella pazienza che i tempi nuovamente maturassero, nell'attesa da romanticismo contadino ...










domenica 29 novembre 2020

Addio Diego

Perchè Maradona è un Gesù Cristo dei tempi moderni?!? ... e sì che lo è, lo è eccome, a pieno titolo, e vi dico il perchè.

Iniziamo dal principio, dal sogno, da inseguire e sorreggerlo, da alimentare e crederlo, crederlo possibile, viverlo ad occhi aperti già nell'antitesi del suo srotolamento, occhi di chi sa cosa accadrà, coscienti a cosa andranno incontro, ed accettare senza se e senza ma il suo ineluttabile svolgimento ... ecco, fermi tutti, è qui che voi starete pensando, grazie al cavolo, vorrei anche io una vita alla Maradona ... ma certo, fatevene carico e vedrete, capirete, perchè mica pensereste che Maradona si sia divertito e basta, pensate che l'essere umano personaggio pubblico sia solo onnipotenza seguendo il detto sesso, droga e rock and roll, e che ovviamente tutto ciò sia sempre e solo a titolo della star, del personaggio d'alto rango, mai e poi mai mia, io povera vittima di una vita anonima ... ma alt, fermi, qui vi sbagliate!

Perchè Maradona è sofferenza, Maradona è immolarsi, Maradona è caricarsi un popolo sulle spalle; vi rendete conto di tutta la pressione, i sogni, a vogl e rivincita ra gent, e riscatto sociale, operai frustrati, popoli umiliati, bambini delle bidonville senza speranze, che in quella figura, in quell'idolo hanno visto un ultimo caposaldo di resistenza. E Diego tutto ciò lo sapeva, lo sapeva eccome, e sapeva di non dover mai deludere il popolo, mai deludere i sogni, mai oltraggiare la dignità di chi nella vita ha raccolto le briciole e si cibava di briciole ed aspirava alla redenzione, ad una semplice carezza o ancor più semplicemente vedere una star sporcarsi di fango nel suo piccolo campo di periferia. Perchè Diego non si sottraeva, era un Diego generoso, con mezza gamba ed imbottito e cortisone, lo vedevi giocare al Meazza di Milano ed al comunale di Acerra, col rischio di farsi male su un campo di patan per da gioia, spettacolo alla gente, soddisfazione o maledizioni, comm volete vederli, agli avversari, Diego ti faceva la stessa giocata di dribling ubriacanti ad Acerra come allo stadio Azteca di Città del Messico, per un uomo così non c'era alcuna differenza, ne nel numero di spettatori, ne nel numero di occhi puntati addosso, era semplicemente lo spettacolo che doveva andare avanti, senza se e senza ma, un giorno in mezz na via a palleggiare n'arancia e n'altro nella finale mondiale, se tu ci credi, ci credi sempre, ovunque tu sei.

Ed ecco, che le coincidenze non sono più coincidenze, tutto si va ad incastrare alla perfezione, in modo che l'idolo diventa eroe, perchè si trova al momento giusto ed al posto giusto, in ogni caso, senza sua prerogativa, in modo che c'è un esito di una guerra da risollevare, un popolo Argentino uscito con le ossa rotte che si fa beffe con una mano de Dios sui carnefici Inglesi; ed ancora c'è un popolo del Sud umiliato a lavorare nelle fabbriche dei potenti del nord costretto ad emigrare, a fa ricco chi ci è venuto a conquistare, ed a tutto ciò un Sud che non aveva vinto un caiser, nemmeno uno straccio di campionato, perchè come spiega molto bene un altro nostro da poco compianto Proietti in Febbre da Cavallo quando viene sgamato a truffare la corsa, muovendo la pietà del ricco imprenditore, lo implora di lasciargli almeno la coppa, perchè non può sapere tutte le umiliazioni che un giocatore di cavalli, ovviamente sempre perdente, può subire nella sua vita da morto di fame.

Ecco allora uno scudetto vinto ai danni di chi non si abbuffava nemmeno e terra e campusant come gli Agnelli, i Berlusconi, nei loro anni d'oro del capitalismo sfrenato che non era assolutamente tutto rosa e fiori per il popolo deriso, vedesi l'epopea Fantozziana, del piccolo schiavetto che doveva ringraziare per il suo posto di lavoro, zitto e muto, perchè il terrone era classe sociale da manodopera, prodotto grezzo da consumare ... ecco Diego, che arvot l'ordine sociale, e dice no alle sirene del potere, decide di rimanere dove e sempre c'è voglia di riscatto, di tenere duro, lavorare senza lamentarsi, soffrire senza darne troppo conto. Per realizzare ciò che sapeva essere già scritto, diventare leggenda e dover subire sulla sua pelle, sulla sua persona tutto il maltrattamento interiore di chi odia l'uomo libero, l'uomo non imprigionabile, l'uomo che dice ciò che pensa, l'uomo che rifiuta il potere e vive per l'ideale, per far il proprio e lasciar spazio al nuovo, per la resurrezione.

Anche per questo dopo il primo scudetto del Napoli lui voleva andar via, perchè ben sapeva che quel popolo represso aveva con ciò avuto il suo, come spesso accade l'ultimo che diviene vincente inizia a diventar succube del potere, a lui voglioso, ed è qui che avviene la dolorosa, nostalgica, non compresa scissione, come il Che' abbandona il Fidel ossessionato dal potere per andar a combattere su nuovi fronti, a favore di altri ultimi, Diego ingoia i bocconi amari di un popolo che lo deride dopo averlo amato, vedesi Mondiale del 90 in cui con la sua Argentina infrange il sogno dell'Italia, ed in quel momento, in quel frangente accetta silenziosamente le mutevolezze umorali di ambizioni di parte, ma si comporta da professionista, integerrimo, senza ne sconti ne fievolezze, continua ad essere lui, nel conflitto interiore di chi sa che non può far felice tutti, ma in profonda attesa di poter riabbracciare il popolo al pari di un figlio ritrovato che non si può rinnegar.

Come avete ben compreso, un combattente rimane tale sempre, continua a combattere fino allo stremo delle sue forze, per qualsiasi causa venga a galla, e tu combattente Diego lo fosti, fino in ultimo, fino allo stremo.

A te Diego profondamente mi ispiro, che possa anch'io avere una vita dignitosa, per quel che si può impavida, ed a testa alta, a testa alta.

Hasta la vista, grazie di tutto Diego.




venerdì 2 ottobre 2020

Dal binario 1,al binario 6, ben 6 binari per veder passare i miei preziosi scrigni, portatori di sogni, intensità, vibrazioni, o meglio gente, di quella che piace a me, che ama o odia viaggiare, in ogni caso costretta a farlo, a dover transitare per il cosiddetto varco d'imbarco, passaggio intermodale, scambio motivazionale, tra chi arriva e chi parte, chi lavora e chi riposa, chi corre e chi si rilassa, tra essi in una frazione di secondo uno sguardo fugace, un saluto di giornata, di buona giornata e presto rivederci, un sorriso alla coincidenza infilandosi ognuno nel proprio abisso.





lunedì 28 settembre 2020

Se viaggiamo lo facciamo per vivere, prendere un treno al volo, di corsa, dimenticando di obliterare, ingoiando il tempo, i prossimi impegni, le distanze d'acciaio da percorrere, paesaggi a scorrimento veloce, e si è già sul luogo dell'arrivo, con l'intermezzo che non esiste, come il sapore del marginale e del contesto, o semplicemente del cammino.

E poi c'è chi ammira il viaggio rimanendo a terra, scorge l'enfasi dell'andare, nei volti della fretta, nei sguardi del fremito, va oltre il suo stare fermo, vede il movimento, lo percepisce, le stazioni scorrere, agli scambi sussultare, il buio del tunnel sobbalzarlo, ed allungare così il suo percorso di qualche kilometro, scendere alla fermata successiva, o continuare imperterrito la corsa, senza fine, senza termine, perché se viaggiamo, se lo desideriamo, lo facciamo per vivere

giovedì 17 settembre 2020

noi siamo leggenda

Si muore stando bene, e non nel cuore del male, è l'apice della grandiosità che ci può trasmutare, al termine di una scala che può portarci solo più in alto, nel punto di sconfinamento e di appagamento massimo così da voltarsi e vedere tutto il percorso svolto, le molteplici cadute, le rinascite, le battaglie vinte, i punti fermi scaturiti da ciò che abbiam superato, la strada battuta, le estenuanti corse, i mai casuali incontri, le tragedie che ci fortificano, ed i piccoli atti di amore in quei intermezzi di nudità emotiva dove tutto sembra fermarsi, glorificare la vita, la stessa essenza, lo stesso motore vitale.

Aggrappati all'esistenza noi decidiamo, noi invochiamo, noi speriamo in una forza che venga da dentro di noi, da fuori di noi, semplicemente dall'abbracciare la nostra missione così che i nostri occhi accolgano la luce, ad essa si spalanchino, sorridano e piangano, e gioiscano al prossimo atto di gentilezza, ed in quel momento, istante, una nuova stella trova posto nel firmamento, un nuovo noi,  eroe che non si arrende, siamo leggenda, la genesi di un nuovo Mondo ...





https://www.youtube.com/watch?v=ewd4RC6p1H0

lunedì 10 agosto 2020

Ciao, piacere, sono Alessandro, te come ti chiami? Come hai detto? Anche te? Come me? Ah, sei simile a me? O sei del tutto uguale? No, dai ciò forse non è importante, ti posso però solo dire che ti voglio bene, perchè? Mi chiedi perchè così fin da subito? Certo, così fin da subito! Perchè? Naturalmente perchè io voglio bene me stesso, con tutto il mio cuore e farò lo stesso verso te, verso quello che è in te parte di me, quello che mi attrae, quello che mi infastidisce, quello che mi stizza, che mi illude, che mi tira su, e mi illumina gli occhi, e mi ispira ... ispira a volgere lo sguardo verso un cielo blu sgombro da dubbi, ed incertezze, spazi aperti, zone libere, nessun diversivo per non pensare, per non vivere, niente nuvolette dietro cui nascondermi, ma un sole con cui brillare,una luna con cui sognare, un giorno ed una notte con cui alternarsi, tra un bene ed un male, una gioia ed una sofferenza, una rabbia ed una meraviglia ... il te ed il me che si incontrano, s'abbracciano, si distaccano, e si rimmergono, si collegano, e sorridono, senza più distanze, senza pentimenti, ma con il solo blu, profondo sconfinato celeste infinito, negli occhi ...

mercoledì 22 luglio 2020

Oggi sono in pace, oggi sono oltre, ho i miei teneri spazi, piccole intercapedini ricavate tra mondi dispendiosi, qui trovo questa calma apparente che mi regala parole, per dipingere pareti fatte di cieli, di boschi, di città, e mi regala sguardi, per capire come io sia negli altri, come gli altri siano me, come viviamo di riflessi, e specchiandoci, tutto diviene percettibile, ed ogni sussulto è un terremoto, una benedizione, una consacrazione, un albero motore, irrefrenabile, divenente.
Scarne figure, trasportate come iceberg dai flutti, rivelano forme indefinite, attanagliate dal mistero, provano a scomporsi e ridefinirsi, provano a smobilitarsi e ricomporsi, cambiare volti, posture, evanescenze, materialità, provano, sulla tale verità che sei solo tu a cambiar punto d'osservazione


Isola circondata dalle nuvole, il cielo circoscritto dalla terraferma, un lago nel blu dell'atmosfera, ovatta per assorbire la pioggia prima che cada... sicuro tra qualche minuto, secondo sarà già qualcosa d'altro


I miei disordinati passi mattutini, quelli che mi accompagnano fin al caffè delle 11 e 30, le prime sensazioni che mi si aprono, le gambe che fanno da intermediario (e se bruciano so cazz), scendo in strada e mi chiedo oggi come sto? Come sta il Mondo? Quali incontri odierni? Quale poesia oggi prenderà vita?... Ecco, vado incontro anche oggi alla mia poesia, al mio sussulto, alla mia bella carica di vitalità, ne uscirà una nuova genuinità, una nuova iniezione di fiducia, brillerà col Mondo, festeggerà con chi si meraviglia ancora, al sorprendente, al minimale. Al fiore che ti sboccia dentro ogni singolo giorno.

Ps... e chi mi trova è fortunato!







... ma grazie a te, tu che sei apparsa dal nulla, in punta di piedi hai trovato lo spazio, il giusto intermezzo in un relitto alla deriva, naufrago tra flutti e vortici, la tua figura lì calma e stabile, si staglia su una roccia emersa dalle onde, un punto di ancoraggio tra mille peripezie. La tua la voce soave di una sirena, che ti affascina, ti seduce, che ora ti salva, l'estasi sospesa nel nulla, l'evanescenza della meraviglia, di chi ancora crede, crede che chi ti porge una mano può essere solo un angelo, che faccia il suo compito, nella sua fase cruciale, e ti lasci solo l'incanto, ti rimetta in strada, ti ridia la giustezza, la luce negli occhi ed infine il suo dolce, dolcissimo ricordo, così che ora, in ogni momento, puoi chiudere gli occhi e lei è lì, lì con te, mano nella mano, ti riaccompagna nell'immensità.
Ciao caro Angelo, grazie.

mercoledì 15 luglio 2020

In un abbraccio lungo una vita siamo rimasti io e te, senza bisogno di chiedertelo, senza tante parole, abbiamo viaggiato sostenendoci con legami invibili, ci siamo incoraggiati mantenendo la distanza opportuna, ed io e te ci siamo accettati senza grossi complimenti, essendo simili, sobri, presenti al dunque, evitati al marginale, siamo arrivati all'oggi, al presente, nella simbiosi della gioia, nella simbiosi del dolore, nella condivisione della preziosità della vita, del suo mistero, della sua operosità. In ciò siamo tipi tosti, sì, tipi che non cedono, non mollano di un centimetro, più tu che io, ma l'esempio aiuta il discepolo, lo prepara, lo inorgoglisce, gli dona ogni giorno quel fondamentale abbraccio silenzioso, frugale, presente. Io e te siamo in un abbraccio lungo una vita.
A mio Padre, grazie
Separati dalla nascita, inseparabili nella vita, affidati ad un covo sicuro dove guardare, assaporare il Mondo, senza sussulti, ne spostamenti, ne pretese, così abbiamo condiviso spazi, ansie, pressioni, e paure, ne abbiamo fatto di tutto ciò na bella torta, e na fetta a testa, un po' al giorno, un po' a richiesta, ogni anno ne festeggiamo il tempo che ne accumula il sedimentato, la nostra voglia di solidità, e stabilità, perchè non è da tutti costruire una forza, un potere sulle fondamenta della sensibilità, dell'emotività; una croce e delizia, in esso tante volte caduti, tante volte risorti, e trasformati, e rimasti sempre lì, lì sul piedistallo marmoreo ed il dito puntato alla direzione giusta, l'america è sempre lì, ma noi, noi siamo nella terra giusta, ne siamo la pietra, e ne siamo l'aurora, senza pretese, ne siamo il contraddistinguo, fieri di esserlo.
A mia Madre, grazie

lunedì 13 luglio 2020

Ti ho ritrovato nei miei occhi,
un riflesso del tuo Mondo,
mi avvolge, mi dona,
uno spazio composto dal nulla,
con sagome mobili, ordini labili,
illuminano la festa per un giro di giostra,
allora ti avró tutto per me,
io e la realtà composta,
dipinta da me stessa,
con tutta me stessa,
con tutto l'ardore che posseggo,
con ogni fottuta mia convinzione,
eccomi, sono l'oltre,
sono il divenire,
sono me stessa senza più alcuna paura,
e solo grazie, grazie e pace,
la pace per tutti.


A Pina



venerdì 10 luglio 2020

dedicato alla mia dolce Fiorita

Buongiorno, sei Fiorita anche oggi? spero di sì, certo che sì, anche oggi sei un bacio col sole, una preghiera tra il filo d'erba, un dolce saluto al blu del cielo, e ti dondoli al passaggio della frescura, e ti solletichi all'arrivo delle simpatiche amiche impollinatrici, ed ora che emergi più su, sempre più in alto, alzi il tuo volto al Mondo intero per donare sorrisi, brillare con tutta la tua essenza, per essere vivi, per essere incantevoli, essere Fiorita, anche oggi!
Attendo un giorno nuovo, attendo una realtà senza più colpe, vorrei essere solo i miei pensieri, i miei sogni, autentici, solari, liberi di esprimersi, così, da avere la forza da rompere ogni schema, ogni mia catena, ogni invisibile legame, niente più ancore, né zavorre.
Sì, io voglio il giorno nuovo, voglio una realtà piena delle mie convinzioni, sedimentate, caritatevoli, lucide, così sarò me stessa, così sarò la persona che io amo, che ho sempre cercato, che ho sempre sfuggito, e che ora abbraccio con l'affetto del ritrovarsi.
Il giorno nuovo è ora, è già qui, e lo era anche ieri, sotto altre vesti io mi preparavo a viverlo, ed intanto lo vivevo di già...


martedì 7 luglio 2020

sei nel mezzo

un giradischi, sei nel mezzo, tu che dai la musica,
un ritmo, un azione, note che spargono sensazioni,
accendono colori, esseri che fluttuano nella danza del movimento,
che rallenta, che avanza, che pulsa, e si illumina,
e luccica e brilla, si scatena in pista, sprigiona l'anima,
le sprigiona tutte, al tuo battito giocoso, essenziale,
nel solo esserci, semplicemente esserci.


lunedì 6 luglio 2020

Che macelli ho combinato nella mia vita, illusioni ed aspettative,
nervi distrutti, troppo tirati, stati d'ansia
ed ora stanchezza, tanta stanchezza e sofferenza,
le mie gambe che non ne vogliono più sapere di me,
se si potessero staccare se ne andrebbero a cazzi loro,
ed io che rimango immobile senza colpe, senza risparmi.
Ed un Angelo mi apparve, mi disse tirati su, mi stese la mano,
mi diede ossigeno, la luce per vedere, la forza per sopportare e tutto fu di nuovo buono.
Angelo, o mio Angelo, apparimi, solo il tuo pensiero mi ridesta, 
la tua presenza mi glorifica, a te, per te, innalzerò la mia resurrezione, la resurrezione spesa per amare, per gioire, per volersi bene, per avere un icona, un icona a cui affidarsi, e convertirsi, verso la bontà, la chiarezza, il sereno.
Angelo, io ti prego, Angelo, io ti desidero con tutto il mio cuore!

a Rosaria

torna il sereno, apri nuovi spazi,
buca perfino il cielo, lassù sei una stella,
ed un astro, o un anima che spazia, che gioisce,
corre dove c'è la vita e dona vita,
eh sì, sei nella beatitudine, nel tuo regno ne inorgoglisce che vive in tua presenza, e chi ne riceve scopre un nuovo seguito,
trova un azzurro, un'immersione, un cullarsi, uno sprazzo di lieta atmosfera.
Così che inezie scatenano imperiosi vortici, e spasmi ritrovano l'omogeneità di una figura evangelica.
Ed è candore, riferimento, essenza onirica ...


tosto come la roccia
flessibile come un faggio
delicato come un muschio
percettibile come una foglia
trasparente come l'ossigeno

e verde, tanto verde speranza,
fino su, alla mia cima



mercoledì 1 luglio 2020

il riposo del guerriero

Sugli scudi ti vogliamo, sugli scudi dovrai tornare, è così che gli dicevano, a lui che fino all'ultima goccia di energia propugnava per dirsi onesto, o per desiderare di esser finalmente inneggiato, o rincuorato, similmente identificato e non più relegato, svanito, scoraggiato nell'animo.
E' nell'animo che si ritrovò di fronte alla propria immagine, un eroe al cospetto di un mortale, steso supino e lievitando a zonzo nella rarefatta atmosfera, un dito che tocca l'altro, sguardi che si incrociano e non si lasciano più, sì, esistiamo entrambi, è così, sia l'uno forza dell'altro, un corpo ed un anima che cercano entrambe ora speranza, entrambe quella dolcezza di fine giornata, unità d'intenti, fortezza di volontà.
E ricollegarsi ai miei astri, al mio codice genetico, fatica che non appesantisce, sofferenza vissuta con la pace dentro.
Eccoci, sia ora un uomo in pace, che torni tra voi come un Lazzaro, un passeggiatore di vite trasformate, mai scontate, rivoluzionate, ora amate.


portami a vedere un tramonto,
fino a toccare una nuvola,
sopra l'immenso scenario meditabondo,
siamo insieme carne ed anima,
conducimi dove c'è il nulla che mi appaga,
il semplice che mi emoziona,
la dolce melodia di un silenzio perdurante,
ed io perso in te,
te che sei nei miei soli pensieri,
posso che offrirti la luce di una giornata senza fine,
il tempo per amarsi, la tenerezza di un sincero sentimento!



sabato 20 giugno 2020

L'amore da dove nasce? Da dove viene il volersi bene?

L'amore da dove nasce? Da dove viene il volersi bene? 
E' strano sentire una persona improvvisamente in modo diverso, si attiva qualcosa, un pulsante senza controllo, una giostra vorticosa, e la macchina della voglia di vicinanza inizia a correre senza freno, non si è più gli stessi, l'un con l'altro, e il precedente ti vincola, ti disorienta, ti colpisce proprio lì nel tuo punto debole, quello dell'indipendenza sobillante, iniziando dai pensieri, dell'essere in disparte da tutto e da tutti, come se certe volte si pensa di dover pesare troppo, suglia altri dico.
Di controparte ora invece vuoi pesare, la tua voce, la voglia di essere importante, ma farlo sentire ciononostante sottovoce, con il garbo che va trattata una cosa che ci tieni, una cosa fragile e delicata, cristallina.
La verità è che ad un certo punto ci accorgiamo che soli andiamo poco lontano, mentre in coppia noi attiviamo un generatore, che ci sospinge verso mete non più comuni, e c'è un colore particolare che trasforma la luce in brillanti fari da palcoscenico, puntati su solo noi, noi tra i tanti, noi, ora forza della natura, animi elevati, esseri gentili, da pace interiore, da magnifica emozione.

mercoledì 17 giugno 2020

oggi va così

sto fermo in un posto, non mi muovo più,
aprò la mano, accarezzo il mio palmo,
sono tutto lì, il bambino, l'adulto, 
l'immenso bisogno di me, di trovare un ascolto senza parole, senza pensieri, senza il fare,
sì, do spazio a me, al bisogno di amare, di amarsi, 
di trovarmi nel mio piccolo cantuccio,
sollevato finalmente, posato e meditabondo,
spengo tutto, 
la mia camera oscura è ora piena di colore, un caleidoscopio inizia a girare intorno a me, 
ed io sempre più fermato, ne trovo il nettare, l'azione, l'avvento.

lunedì 15 giugno 2020

cerchi un abbraccio, lo cerchi disperatamente, un abbraccio come un appiglio, un abbraccio come uno scoglio a cui tenerti, vorremo con esso stare bene ma forse non lo saremo lo stesso, in esso stiamo na meraviglia o dopo ne staremo anche peggio?!? ... ne siamo bisognosi in ogni caso, desideriamo amare, lo desideriamo perchè affetto, vicinanza, incontro emotivo sono ed appartengono a quelle gioie prettamente di chi si apre alla vita, sa che la sofferenza non è più la strada giusta, ha voglia, desiderio di far un salto nuovo, le scelte vecchie ci hanno portato sempre e solo nello stesso posto ... un cerchio che si è chiuso, un nuovo cerchio più ampio ci attende, con nuove enfasi, sentori, tutti più elevati, più autentici, dubbi che spariscono, ci accettiamo per come siamo, l'essere vivi è il volersi bene, me, te, i nostri difetti, le nostre confusioni, le illusioni mai sopite, siamo tutto ciò e lo saremo sempre, ma ora ne siamo già fuori, a ciò ne facciamo un sorriso, un inchino e soprattutto una carezza, una semplice e soave carezza al mondo intero, e tutto quello che ha colore, animo, essere.

venerdì 12 giugno 2020

la vita pende, 
un lato rimane scoperto,
ti sbilancia per un attimo,
il tempo giusto per poterti far cadere,
ma cadere è una nostra prerogativa personale ed arbitraria,
e si può finire in tanti modi,
ma si può anche non cadere mai,
resistere ad oltranza,
e non rischiare mai di guardar da vicino un filo d'erba,
un fiore di campo,
un riccio di bosco,
un viaggiatore visionario,
ecco, guardarsi e specchiarsi,
guardarsi e riconoscersi


la vita che scivola, i nervi che ti tengono per il collo, il ritorno a quelli che eravamo? qualcosa è cambiato, una nuova frattura è calata inesorabile, no che non si può tornare ai soliti schemi, vecchi dolori che sbalzano tra picchi, tra spacchi, piccole crepe, intonaco che si sgretola, pareti scalfite, stanze svuotate, orologi senza lancette, case senza porte e ne finestre ... mi ritrovo così mano nella mia mano, in ascolto, in astinenza, in assorbimento totale, e continuerò a vivere ...

venerdì 5 giugno 2020

Ma cosa è? 
un astronave, un razzo interplanetario, una macchina del tempo?
oppure un semplice bimbo di cui ognuno si prende cura, ti rallegra, ti sorride ...
umanizziamo una cosa, e trovarne un nuovo caro affetto.




due foto, due spunti, due immagini ...
lui è, il gatto di mare,
principe dei flutti,
selfeggia sulle onde,
e fa innamorar tutte le sirene,
anvedi come è belloccio sto bel micione;
e questo poi è il vecchio scarpone de mare,
lo peschi in mezz o mar ma subito par na cos fuori luogo,
nu nè ne nu pesc, ne na cozz, e neppur nu purp,
ma allora che cos'è?
E na cos vecchh, passata,
che i posti a stento ricorderanno,
perciò abbiatene ora cura!




l'Albero dei pensieri
si arricciano
si radicano
si confondono
si contorcono
faranno buoni frutti?
se hai voglia raccogline uno
un semplice pensiero è anche per te!




mercoledì 27 maggio 2020

aria di cambiamento

dicevano che avremmo cambiato il Mondo, certo che lo faremo, cambieremo solo brandelli di Mondo, li stessi si spargeranno qua e là come coriandoli, e qualche chè si colorerà immensamente (forse un fiore, un autunno, un sorriso ...)



martedì 26 maggio 2020

Capitalismo uguale rifiuto

Capitalismo uguale rifiuto ... la verità è che viviamo in un mondo in cui adoriamo il rifiuto, nella sua originale forma, nel suo fardello, o feticcio che sia, basta che abbia un ingombro di qualche genere, una sua iniziale composizione, un buon venditore che lo smercia, chi poi lo seduce, chi lo consumi, forse, quindi l'abbandono ed ancor dopo ecco l'ipocrita discostamento, bravi a farne la morale verso sversamenti illeciti, verso la sovrapproduzione e lo sperperamento, imballaggi e pazzerielli d'ogni sorte, plastica e puzze varie. La verità è che del rifiuto non ce ne può fregar de meno, l'importante è che non lo vediamo più davanti ai nostri piedi, che qualcun altro se ne prendi la briga di levarcelo di torno e se lo porti chissà dove, a noi a quel punto non interessa più, ed è lì che si completa il tradimento, se mi servi ti amo, se non mi servi più ti rifiuto, appunto ti rifiuto, classificato, etichettato, bollato, da quel momento in poi rifiuto, ma la domanda è semplice, prima cosa era?!? Io direi invece che solo una cosa oggi è rifiuto, il capitalismo, il capitalismo è rifiuto, e la sua folle idea, e nulla più!