martedì 31 marzo 2020

gocce d'acqua

siamo gocce d'acqua, io e te,
ci ritroviamo sulla guancia di un bimbo,
scendiamo rigando un solco indelebile,
toccando terra ci inaspriamo con tutto il sangue colato per nulla,
cerchiamo rifugio nelle fonti d'acqua purissima,
risaliamo verso una nuvola dorata fatta di piccoli sogni,
cadiamo tra la pioggia di desideri inespressi,
come proiettili fanno buche enormi, crateri, vulcani,
e poi giù di lì verso il mare, la quiete della bonaccia di mezzanotte,
qui un mare di gocce si abbracciano, si stringono, e si coccolano,
si guardano l'un l'altro e si rispecchiano infinite volte,
e subito rivedo in te, un immagine riflessa del mio essere.


Siamo ...

Siamo come biglie, la sorte ci ha sballottolato un po qua, un po là, in un gioco in mano a bambini ansiosi di vivere, di ritrovarsi grandi senza saperlo;

siamo come piume, il vento ci ha dondolato e cullato, impetuoso o dolce brezza, ne abbiamo riconosciuto la nevrocità stagionale e talvolta l'abbiamo anche incoraggiato soffiandoci sopra;

siamo come acqua, ammiriamo la nostra volubilità, si fa per dire, la pendenza ci dirotta sempre più in basso, scavando e grattando sempre più nel remoto, nell'abisso, lasciandoci dietro solchi perenni, incandescenti;

siamo come alberi, di quegli abeti liberi dalle città, aggrappati su per quei pendii di roccia tenace, resistenti ai diluvi ed alle tormente di neve, fragili alla prima frana che ci lancia giù a valle e chissà dove;

siamo come le rondini, in primavera arriviamo ed in autunno se vanno via, imperterriti costruiscono nidi aspettando che il tempo li distrugga, ed intanto sperano che almeno gli altri esseri viventi le lascino in pace;

siamo come i vecchi, contiamo oramai i giorni, ci ritroviamo senza energia, logori, senza più corse furibonde, attendiamo, alziamo gli occhi al cielo e guardiamo quanto è immenso l'universo intorno a noi!



sabato 28 marzo 2020

Aspetto i tuoi occhi

Aspetto i tuoi occhi, 
ritrovarli dove li ho lasciati, 
chiudere per un istante i miei e rivederli ancora lì, 
nell'ultimo scorso d'insieme, 
nel mentre nessuno aveva paura di volatilizzarsi, 
di dover far ennesima leva sui ricordi, 
ricercare poi i tuoi sguardi nelle vaghe tonalità di gente astratta, 
o forse solo troppo distratta, meglio ancora ignara, 
ignari dei sogni di un piccolo scolaretto, 
non troppo loquace, non troppo silenzioso, 
uno di quelli che con lo sguardo è tutto e già tanto, 
che può dare un seguito ma qualcosa la lascerà sempre lì, 
per un messaggio mai espresso, 
un saluto appena accennato, 
e con un puzzle tutto da comporre, 
lasciato lì alla buona sorte, 
al fato che ci faccia ritrovare, 
per poi perderci, 
ed ancora ritrovarci e perderci nuovamente, 
infinite volte, 
inseguimenti e rinunce, 
carestie e sazietà, 
ascolti e spensieratezze, 
illusioni di controparte, 
ripieghi di eccitazioni, 
rumore, tanto rumore, e polvere che ti spaesa, 
e dopo tutto il casino rimanere con poco e nulla, 
e rimestare il tuo sguardo innocente, 
il mio sguardo innocente, 
tutto il Mondo fermo, 
ecco, non c'è ricchezza più soave, 
non c'è atmosfera più lucente, 
di un sorriso fanciullesco,
con la speranza nella vita,
in una chiara notte di mezza estate.



giovedì 26 marzo 2020

anche d'estate può nevicare

Era pieno agosto ed all'improvviso il tempo si chiuse, ed iniziò a nevicare, di getto, senza avviso, festosamente; non mi sembrava vero che poteva nevicare in estate, e la cosa più strana era essere noi nella nuvola, nella bufera di fiocchi, e giù il paese appena lì di sotto baciato dal sole, disteso sui morbidi pascoli ad abbronzarsi come nulla fosse, a godersi quella splendida visuale, verso un monumento naturale tra i più belli d'Italia.
Lì sotto, i vacanzieri sbracati, dall'anno di lavoro, e lassù, noi, montanari per un giorno, per la nostra sporadica permanenza tra i profumi dei boschi di conifere, degli alpeggi appena falciati, delle genuine vivande appena sfornate dalle malghe accoglienti, invitanti.
Una realtà surreale tutta, dove ogni essere catapultato lì dal marginale ne riceveva qualcosa di magico; lo immergeva nella magia dell'inaspettato, del sorprendente, dell'impossibile che prende vita, ed allora pensavo che solo nella fantasia ciò che era impossibile poteva prendere luce.
Alla vista della neve iniziare a scendere, dei miei piedi croccare qua e là, gli occhiali appannarsi, i paesaggi scomparire nella fitta nebbia, eccomi catapultato in quel visibilio di emozioni eterne, eteree, come quelle figure degli escursionisti adagiati su quel filo di cresta che avanzavano come una processione in interiore preghiera, di profondo rispetto, di silenzioso stato emotivo; cose da farne proprie e custodirle per tutto l'incombente freddo inverno, una fiammella che ti sazia nei tempi di magra.
E poi come non ricordarsi la mia gioia nell'aprire all'insù la bocca e cercare di raccogliere quanti più fiocchi possibili, farli miei, entrarne in empatia, in simbiosi, assaporarli, prenderne del loro gusto, della loro allegra spontaneità, conservarli fin alla discesa giù in paese e chissà poi insieme per quale viaggio ancor più lungo.
Quei fiocchi impersonificazione dell'emozione da mantenere viva a lungo, quei fiocchi una bellezza divina che si può svelare solo a pochi, quei fiocchi dolce incontro di anime che solo la natura poteva aver reso tanto pure.
Quell'anno ero un bambino di soli 10 anni e credevo ancora nell'esistenza di Babbo Natale, ma da quel giorno sapevo che anche in estate poteva nevicare.



lunedì 23 marzo 2020

la storia di un semplice uomo

Conosco un uomo che non sa nulla di ciò che sta accadendo nel Mondo, è un mio amico di incontri casuali, lo incontrai un giorno che esploravo quella remota regione a detta di tutti sottosviluppata e di poco conto, un luogo che un tempo sicuramente aveva vissuto grandi fasti ma che ora era per lo più desolata, abbandonata, lasciata a se stessa.
Quell'uomo, anch'esso arido nel volto, dai lineamenti solcati, scavati, ben delineati, dalle emozioni apparentemente non percettibili, testardo e senza dolenza, solitario e di non grandi parole, mi sorprese per la sua accoglienza, attivarsi fin da subito con grande solerzia quando mi vide arrivare nei pressi della sua umile capanna con aria assetata, ed abbastanza sfatta dalla lunga tappa di errante spostamento.
Mi introdusse in casa, la porta in realtà mi disse che la teneva sempre aperta, come riparo in caso di tempo avverso o altra simil emergenza, e mi offrì dalla sua piccola cantina del vino migliore che aveva ben stagionato, fresco, liquoroso e poi dalla credenza trasse del formaggio di capra da lui stesso messo in vita, con del pane, delle fave di quel periodo e del prelibato miele; una colazione semplice che ben si allineava a quel contesto di gran spontaneità.
E così quell'uomo per nulla sofisticato, di sobri movimenti, si sedette con me assaporando quelle cibarie, così come faceva tutti i giorni, quasi incurante se fosse stato solo o in sporadica compagnia; il fatto è che era in pace con se stesso, in pace con la vita, niente più da chiedere, da estorcere, viveva ciò che era, se quel giorno ci fosse stato il sole o la pioggia, il vento o la calura bollente, e tutto ciò lo trasmetteva, lo traspariva senza nemmeno doverlo dire.
Dopo dei lunghi silenzi pregni di rispetto, quell'uomo si alzò, mi disse solo che doveva andar da mangiare alle sue capre ed aggiunse che potevo fermarmi ancor un poco qui da lui, almeno fin a quando le forze non fossero tornate; io non dissi nulla ma silenziosamente feci cenno di aver inteso.
Lo scrutai tutto il giorno, mantenendomi a debita distanza, lo vidi aggirarsi con piccole attenzioni familiari intorno alle sue capre, che lo coccolavano e lo rincuoravano; poi lo osservai prendersi cura con immensa pazienza delle colorate arnie e dei suoi volanti abitanti, i suoi movimenti erano calmi, sereni; sì, trasmettevano una gran serenità a tutto il contesto, ed anche le api nel loro scorazzare intorno apparivano agrazziate, per nulla spaventate, ne intimorite, semplicemente si conoscevano, chissà da quanto tempo.
Con la stessa cura lo seguii mentre dava una sistemata al piccolo orto, liberandolo con la zappa dalle erbacce, ossigenando le piantine pronte a rinvigorirsi, lui e quel terreno, quella terra sembravano tutti una cosa, non vi erano discontinuità, ne distorsioni.
Infine lo accompagnai nel bosco antistante a recuperare legna per il camino, mi accorsi della grazia con cui interloquiva con gli alberi e le piante, ne doveva aver stabilito dei profondi rapporti, sapeva ciò che doveva raccogliere e non tendeva ad arraffare un sol ceppo in più; la sua regola che teneva ben a mente era l'equilibrio, mantenere l'equilibrio, e come un monaco, un essere baciato dal divino, rendeva sacro tutto ciò che faceva.
Ecco perchè, in momenti di gran difficoltà, come quello che stiamo vivendo mi basta fermarmi un attimo e ricollegarmi con la mente a quell'uomo, alla sua operosità, al suo essere parte del Mondo e sulle mie labbra riprende vigore un sorriso, una dolce speranza, un soave ricordo.
Un solo uomo, forse non può cambiare il Mondo, ma con le sue semplici azioni e genuini gesti, può essere di esempio per milioni di uomini.



venerdì 20 marzo 2020

viva i sogni

E' proprio vero che l'enfasi della vita di un uomo è da ricercare nei sogni del bambino che era in lui, è vero sì che tutto quel potenziale inespresso ancora non scalfito dall'irrealizzabile rappresenti già il tutto, il toccare le stelle non con un dito ma a piene mani; un sogno, solo un sogno, è questa l'aspirazione più grande, ecco perchè già mi chiedo se la mia intensità di sogno, di viverlo, di sognarlo, di gustarlo, e di emozionarmi, conservarlo nel cuore con riconoscenza, con affetto, bene sì, se tutto ciò sia uguale anche negli altri, non so, non so proprio, forse varia di vita in vita, di missione in missione, di caverna in caverna, e se un sogno possa avere, cioè contenere più sensazioni di una praticità? C'è chi dice che nell'attesa vi è il massimo dell'estasi, ma è lo stesso anche se poi non vi è un risvolto, una concretizzazione? Poco alla volta mi sto rendendo conto che in realtà non ci sia nessuna differenza tra un sogno ed una realtà, occupano entrambi uno spazio fisico ed uno spazio metafisico e non sono nient'altro che due facce della stessa medaglia, ciò è semplice da capire per chi riesce ad uscire dal proprio Io e vedere le cose con gli occhi del Mondo, perchè basta chiudere gli occhi e tu sei nel sogno, lo stai vivendo, li riapri e ritorni nella realtà, per quanti secondi, minuti, o più vuoi rimanere nell'uno o nell'altro lo decidi soltanto tu, di mio avviso l'integrazione dell'uno con l'altro, spartendo il tempo in ugual misura, è sempre la scelta giusta, ed il tal caso una rimessa in discussione è sempre tangibile utilizzando un bel paradosso-quesito Marzulliano: noi viviamo la realtà per poi immedesimarci nei sogni oppure ricorriamo ai sogni per costruire la realtà al meglio? Ed infine, posso dire che alcune fasi della nostra vita, quando le ricordiamo le pensiamo come se fossero state un sogno, le diamo un valore onirico, divino, intoccabile, e basterà ricordarle intensamente e saremo di nuovo lì a riviverle!



domenica 15 marzo 2020

richiamo della primavera

io abito proprio lì,
dentro quel fiore,
il mio scivolo su quel liscio petalo,
l'amica ape mi porta la dolcezza infinita,
ed il vento, quel gran sbruffone, le notizie frammentate,
ed è così che io fiorirò,
dando seguito alle stagioni,
ai cori primaverili,
ai richiami dell'amor



sabato 7 marzo 2020

visite al tempo del coronavirus


sai mi hanno appena bussato alla porta
piano piano sono andato allo spioncino
ho guardato e sono impallidito
o cazzo
proprio loro
uomini tutti vestiti di bianco
scarpe bianche
cuffie in testa bianche
maschere e mascherine
tutti bianchi
me so affacciato alla finestra
e giù l'autombulanza
o cazzo
proprio loro
perchè proprio me
ed ancora il campanello
squillante, autoritario
con ancora più forza
ancora più impeto
aprite aprite una voce forte e dura
bussano con insistenza
ora con i pugni
la porta sbatte
la lingua scende giù nella gola
la testa ribatte contro la porta dall'altro lato dei bianchi
sì, vedo letteralmente i sorci bianchi
e mi dico, so cazzi
e di là, ahhh allora c'è qualcuno!!!
aprite!!!
i miei occhi fuori dalle orbite
apro poco poco
giusto na spelonchetta
atterrito gli chiedo chi sono, che vogliono
e loro di subito, siamo la neuro, siamo venuti a farti visita, abbiamo anche un bella camicia da farti provare


ed io, sospirando, aaaaahhhhh, pensavo chi eravate, ma't fatt uscì pazz!!!

lettera al Coronavirus

lettera al Coronavirus



Grazie Coronavirus, finalmente sei arrivato, striscioni, comitati di accoglienza, tutti ad attenderti; sì, perchè sarai tu a darci questa grande opportunità, la più grande che ci poteva capitare in questi lunghi anni scialbi, tutti uguali, cristallizzati, vedasi il mio flemmatico conto progressivo, che per buone ragioni facciam partire dal nuovo millennio: 2000, 2001, poi 2002, 2003, eccolo il 2004, sì il 2005, il 2006, ma poi il 2007, il 2008, ma certo ciao 2009, poi 2010, 2011, 2012, 2013, 2014, e so stanco di già, di noia, ma c'è il 2015, il 2016, ma tutti uguali, di routine, come il 2017, il 2018, 2019, assafà eccoci ad oggi 2020. E bene sì, senza coronavirus, si potrebbe continuare così in eterno, o forse no, certo in eterno no, e meno male, sai che palle, a continuare a fa numero e numeri, aggiungere cifre su cifre, cambiando i numeri ma tutto il resto non cambia, è tutto uguale, tutto sfinito, tutto in inerzia. Certo, l'uomo è tipo abitudinario, guai cambiargli le tradizioni; anche se poi articoli ne leggevamo, tipo quelli di come ognuno di noi dovrebbe uscire fuori dal vortice, non dico per sempre, ma anche per brevi momenti, e coltivare piccoli angoli propri, solo propri, roba da non pubblicare ne sui social, ne da vantarsene, ne da far saper a qualcuno, spazi interiori, specchi del proprio io, soli con se stessi ed il proprio essere, le paure, le illusioni, le grandi aspirazioni; tutto il Mondo al di fuori, lontano, lasciato fuori dalla caverna e noi chiusi, lì dentro, consci del Mondo fuori e dell'essere dentro, e così rimanere quel tempo giusto, per quel tempo fin che se ne ha voglia, il tempo giusto. Questa riscoperta, questa voglia di capire la propria via, la propria dimensione, come prima regola ha quella di rimanere soli, nudi con se stessi, fuori dalle comodità, dalle sicurezze, dai narcisismi ed orgogli di reggere posizioni preziose, ferree. Inutile dire che tutto ciò senza invogliamenti forti rimanga ed è rimasto solo sulla carta, parole e nulla più. Ed eccoci invece 2020 ai condizionamenti forzati, obbligati alla pratica con più o meno a malincuore, come una spada di damocle spacca tutto e tutti, squarcia d'improvviso, senza nemmeno farcene rendere conto, prepararci, farci salutare i propri cari, d'improvviso ce lo impone a tutti, anche a chi già nella vita "precedente" era un eremita, un consapevole, un interiorizzato; chissà forse ben per loro che sono già abituati a ciò, o forse peggio perchè pensavano che finalmente avrebbero presto vissuti un po più emancipati, libertini, ma dai, chi se ne frega; ciò che conta dire è che siamo tutti accomunati, partiamo ora tutti alla pari, la paura o il rischio attenendosi più o meno alle misure cautelari è uguali per tutti; per chi vuol trasgredire, responsabilità non ce ne prendiamo. Ecco, questo è il punto chiave, la coscienza, il suo esatto emergere con vigore di protagonismo in questi momenti; è la coscienza soggettiva, di ognuno di noi, che si valuta, e si considera per quello che è, per quello che può fare, cosa può fare, in che modo può farlo; attivazione, non sempre la strada più ovvia è la più giusta, e quando la stessa ci è preclusa è allora che nasce il pensiero creativo, il vero Io, una nascita, semplice e palese. E vi dico da subito una cosa, è molto probabile che proprio in questo periodo di carestia ci accorgeremo e non solo a parole dell'asocialità di tutti questi anni, di come abbiamo perso il senso della vicinanza letteralmente fottuti ognuno di noi dalle tecnologie asociali e d'apparenza, ed è molto probabile che una telefonata di oggi di individui costretti per causa maggiore a dover mantenere distanze tra essi varrà più di mille incontri ravvicinati della vita passata; sì, io penso che ora in tempi di sconvolgimenti avremo maggiori contatti ed attenzioni, tra di noi, mantenendo le regole di distanziamento noi ora troveremo il modo, creativo, il coraggio, di avvicinarci agli altri, nell'intimità parlo, e penso che i più fortunati saranno proprio i timorosi, chi prima dell'ora zero erano gli impauriti, gli incerti cronici, quelli che la forza la cacciano solo nelle grandi occasioni, e questa è una grande occasione ... arrivederci, e buon contagio interiore a tutti!