giovedì 16 agosto 2018

Soggiorno con i domiciliari a Scauri

Agosto, mese del mare, le spiagge pullulano, corpi umani su corpi umani addossati l’uno all’altro, ognuno alla sostanziale autoaffermazione del proprio posto, spazio vitale, location esclusiva o pareggiante almeno, sicuramente uno spiaggiamento senza precedenti di collettivo simultaneo identico interesse e conseguente sua affermazione ed applicazione!
Cosa dire? Solo beati loro! Beati loro che alle loro vita gli basta avere così poco e soddisfarsene, io, al loro pari sono un alieno, poiché passeggio e mi accorgo di essere visto e percepito come un alieno ... per me è qui dal molo che il mare lo osservo, lo ascolto, mi diverto a volte a dargli voce ma non lo tocco, è una sorta di innamoramento a distanza, anche il mio tempo in sua vicinanza è estremamente limitato, il troppo apporterebbe inesorabilmente l’abitudine, l’alienazione dei sensi.
Ripeto, guardo il mare, ne sento la sua immensa energia, ci riconosciamo nella ugual forza fragile, ci riteniamo entrambi due vecchi amici logorati dal tempo e da chi ci vive sulla nostra pelle, inconsapevolmente, certo, l’atto dovuto è più che dietro l’angolo, ma noi non diciamo nulla di ciò, facciamo fare, forse perché abbiamo altri modi di comunicare, scenari diversi di dialogo, veniamo al dunque con tempi diversi, tutto qui.
Si potrebbe dire che la letteratura con la poesia è misconosciuta da questi luoghi, ma no, non lo si può dire, le forme di intelligenza sono varie, si esprimono con equazioni precise che annullano forse forme al di là del visibile, in ciò rimane sempre e solo una festa, va avanti inesorabile, ognuno partecipa a suo modo, e questo mio disagio ineluttabile è un vivo partecipare, da svolgere con sorriso, con ardore, con piena motivazione; in effetti io sono stato costruito, realizzato per reggere il disagio ad ogni sua latitudine, il disagio me lo mangio a colazione, il disagio fa stretta con i miei nervi, li sfida, ballano insieme.
E così la gente pullula tra le acque ed io da su una banchina scrivo, leggo, leggo di Kafka, ci esco insieme, abbiamo anche fumato qualche simpatica erbetta insieme, ma mai alterando il nostro sguardo cosciente, la nostra giocosità ironica nel passare da una stanza all’altra tramite varchi che spezzano la materia, lo spazio, il tempo, illusioni e realtà, forme ed energie.
Ecco perché mi volto, indirizzo lo sguardo e mi ritrovo lì in quel bagnante rilassato, su quella canoa in perenne bilico, su quella cicogna gonfiabile di un rosa pallido, tra quelle bandiere animate da una brezza pionieristica, nel fondo di un mare tra un abisso ed un relitto, un tesoro perduto forse ritrovato, una stella marina che brilla, pulsa, illumina una volta universale.


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