martedì 1 giugno 2021

Mastro Oliva, capitolo 6

Mastro Oliva non riusciva a dormire, erano da un po' notti insonni, tormenti che venivano a galla, dolori che risalivano dai bassifondi dell'esistenza.

Nel mezzodì dei periodi stellati lui inconsapevolmente iniziava a vagare, in cerca di qualcosa, in cerca del nulla, lasciava il suo caldo giaciglio per ritrovarsi in breve lungo fredde vie senza nome, senza indicazioni, senza riferimenti.

Errava, vagabondava, trasaliva e rinveniva, e la notte successiva punto e da capo, i percorsi non erano mai uguali, anche se la ridondanza di segnale captava stesse frequenze, messaggi a cui la parte incoscia faceva affidamento, speranza.

Un messaggio che era un flebile lamento, pronto ad estinguersi nella nebulosità dell'intricata nevrosi odierna, nella rarefazione dell'indefinito a lui sovrastante.

Mastro Oliva d'altronte amava i suoi labirinti, muoversi in essi con movimenti fluidi di chi conosceva ogni svolta, ogni giro di spigolo, ogni barriera da aggirare e portarti ad un ennesima barriera; ma una notte, una indeterminata notte, successe l'imponderabile.

Un muro dove prima non c'era ora vi era, improvvisamente palesato, tanto concreto quanto impattante.

Un tonfo, un colpo sordo, un bernoccolo già spuntava, nel buio si chiedeva cosa era successo, col freddo pavimento che si rilevava come luogo d'esistenza.

Mastro, allora, lì per terra brontolava, e si turbava, tastava lo spazio circostante, poi ricordò di avere una specie di candela in tasca, sì, un lume.

La prese e rese visibile l'intorno e la prossimità e si rese conto. Aveva effettivamente colpito con la sua capoccia una parete, un muro, un impedimento, che lo aveva respinto, lo aveva bloccato, fermato, destabilizzato; guardando poi bene si accorse che nella stessa, per l'urto, una frattura appariva, una lesione aveva preso piede.

Longitudinalmente a tutta la materia composita, era avvenuta una rottura, uno scrostamento e piccoli pezzi erano venuti giù.

Ancora intontito si riprese per alzarsi, poco per volta, osservando ora con ancor più vivida attenzione il luogo d'impatto, ne scrutò il tutto e con un paio di dita della mano ne balenò perfino la profondità della ferita. Quindi rimase lì di fronte in pensamento.

Ed ecco che si balenò la successiva sorpresa. Da quel buco prodotto, un qualcosa iniziava ad emergere. Appariva inizialmente come un germoglio, quindi un filamento che prendeva spazio e si protraeva nella volubilità contigua, per poi metter su piccole foglioline, apparivano così appendici prima grezze e quindi sempre più definite, le stesse svolgevano belle giravolte e giochi di movimenti simili alle ali di una farfalla.

Il tutto appariva simile ad uno spettacolo multi sfaccettato, ma Mastro Oliva capì subito che era più verosimile ad un piccolo miracolo, o qualcosa di altamente sacro.

In ultimo, proprio all'estremità del filamento un grande bocciolo comparve, e da esso un esplosione di colori, di risvolti, e di aspetti naturali.

Una definizione che andò via via assemblandosi in un magnifico fiore, dalle tinte vivaci, dalla forma eterogenea e solare, lo stesso aveva anche due piccoli occhietti nel suo fulcro e per lo meno anche una sembianza di una bocca, un naso; doveva essere una immedesimazione di un volto umano in una straordinaria bellezza della natura.

I due occhi iniziarono a scrutare Mastro da capo a piedi, inizialmente sembravano spauriti ma in breve presero vigore, adocchiando sempre più in profondità l'interlocutore.

Di rimbalzo il nostro caro amico fece un salto indietro e con voce decisa esclamò: "Chi sei? Da dove vieni?"

Il fiore, ancora una volta esitò, ma poi con espressione flebile, e soffice si pronunciò: "Io ... Io sono te, sono parte di te, sono sempre stata in te, ti ho a lungo ascoltata rimanendo in silenzio, in disparte, in sordina ..."

Quindi Mastro, interropendola: "E' perchè ora ti pronunci?!?"

Al che lei: "Perchè ho a lungo ascoltato la tua tristezza, e la stessa è giunta ormai al colmo. Ti parlerò a nome di tante cose, perchè esprimo tutto ciò che si è sedimentato, è colato, si è accorpato ed ha preso forma, la sembianza che vedi in me. E l'opera ormai è fatta, è compiuta, è resa ora visibile e tangibile. E' apparsa, si è trasfigurata. Viva, e meritevole. E tu non abbine paura, è nonostante tutto un simbolo di gloria, e di enunciazione, di rivelazione."

"Noi siamo la verità che si fa parola, corpo ed atto. E tu sei il milite, noto o ignoto, ciò non ha più importanza, sei un getto o un germoglio che avrà nel prato, nella terra, ed in ogni parte dell'ecosistema, la sua casa, l'inizio e la fine, entrambe unite nel transito e nell'azione, e nel perdurare in un singolo attimo."

"Ora la tua domanda era già da gran lungo tempo palese e fin troppo insistente, voler sapere qual è il tuo posto nel Mondo è un mistero per tutti, e nessuno ne avrà la risposta fino a che non sarai tu stesso a dartela, quando avrai la convinzione che ogni cosa ha un suo posto ben preciso, e nulla, nulla di ciò che avviene è sbagliato, tutto ha un luogo di esistenza, posto in una stanza conformata al tuo habitat, alla tua genuina interazione."

"Esatto, una realtà metamorfica, plastica e volubile, influenzata, e personalizzata, impostata tutta sul tuo solo Io."

"E come vedi di reale in senso univoco, non ne ha nulla, ma proprio nulla. Ora tu sai che per anni ed anni hai agito trasportato dall'odio, dalla rabbia, ed hai fatto tanto, tantissimo, ed ora che ti chiedi se invece saresti stato influenzato dalla gioia quando altro avesti fatto o realizzato? Bene, io ti dico nulla di più, nulla di meno, la forza sostanziale sarebbe stata sempre la stessa, il tuo sentire lo stesso, il tuo credo idem, e perfino le tue interazioni avrebbero portato agli stessi risultati, stesse conclusioni."

"L'uomo nel gioire odia, e nell'odiare gioisce, e fino a che correrà con quell'affanno che lo contraddistingue non riuscirà nemmeno a distinguere le due forme espressive, ne avrà solo quel deprimente ed angoscioso senso di groviglio interiore, la cosiddetta matassa, una confusione senza fine, che porterà inevitabilmente ad una continua nuova accelerazione, eterne fughe, immane solitudine. Una solitudine non spiegata, diversa da una solitudine rilassata, da una solitudine calda, solitudine silenziosa, oziosa e conoscitiva."

"Ed eccola l'ancora di salvezza, nuovo punto di riferimento, il conoscersi, nello stare, nel lento andare, nel movimento blando, l'azionarsi flemmaticamente, chiudere a volta gli occhi nel pieno della vita, sospendere tutta l'atmosfera, ed ingannare il tempo, discostarsi dalla produttività, ritirarsi dalle richieste di approvazione, ed attendere sotto la pianta, osservando ogni giorno quel dolce frutto lì su appeso, che i singoli tanti momenti si sommino per portar lo stesso alla maturazione, alla pienezza, al sublime. Intanto a monte una forma di solerzia meditazione, preghiera e concentrazione serena."

"L'errore che voi fate è che pensate che andate verso l'oblio, verso l'entropia, verso la dimenticanza, e vi ostinate a mantenere rigidamente tutto così come è."

"Ma il percepirsi è sostanzialmente opera solamente interiore. In voi, per opera metamorfica, in ogni frangente, ci potrà essere un baco da seta, un don Chisciotte, un brutto anatroccolo o uno scarafaggio Kafkiano, la risultante finale è che tutto è sempre e solo nelle vostre mani, nelle vostre scelte, tempo più, tempo meno ..."

"E con ciò, ora ti lascio, ritorno nel mio Mondo, adiacente al tuo e collimante in quella frattura ora avvenuta, ora indelebile. Ciao, mio caro combattente, continua a far vivere la tua legenda, da contadino romantico ora romanzato, personaggio della routine ora eterno!"

A tali parole, il fiorellino improvvisamente scomparì e lasciò lì Mastro Oliva pensoso, odierno ed autobiografico.

Un primo passo era stato tracciato ....






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