Verme
Fiore
Verme
Fiore
Mastro Oliva era uno stoico, Mastro Oliva era uno stacanovista, Mastro Oliva era un innamorato perso dei suoi luoghi, delle sue tradizioni, della sua operosità. Di fatti poteva essere il tempo bello o brutto, una intensa giornata ventosa, con un cielo chiuso, annuvolato, grigio o temporalesco, ed un mezzodì messosi a pioggia o ancor peggio a neve, e poi come alcuni giorni un risveglio nelle brume, pendii avvolti dalle nebbie, foschi paesaggi, ecco, da tutto ciò solo la sua figura emergeva nell'oltre, si stagliava spesso solitaria tra quelle fronde, quei solidi giacigli ombrosi, benevoli giardini fioriti, muovendosi con pregiata cautela, di sintonia con l'ovattata ambientazione di profonda pacificazione, di spessa distensione.
E la sua presenza, da ottemperare, come il timbrare un cartellino o meglio occupare quel banco, al primo posto, per essere ben visto, ben definito, ed infondere con ciò un coraggio o una viva resistenza, una prima linea da difendere, un caposaldo, un ergersi; di ciò la domanda correva sulla bocca di tutti; per chi faceva tutto ciò?!? Era solo orgoglio o non saper che altro fare?!?
Bene, dovete sapere, che anche suo padre di nome, o meglio di soprannome, era riconosciuto da tutti come Mastro Oliva, ed al tal pari lo era suo nonno, e di conseguenza per quel che se ne sapeva lo doveva essere ugual nominato ogni suo antecedente, suo avo, un suo di fatto precettore, ed ovviamente biblico modello. Perciò anche la sua discendenza, iniziando da suo figlio, un giorno avrebbe preso la sua stessa identifica o così lo di sperava.
Comunque oltre al nome, ciò che accomunava ognuno di essi di epoche così sfalsate, meno o più fortunate, era il loro vivo amore verso quelle piante, quel verde di pubblica visione, passandosi a testimone una docile fiammella che covava oltre ogni tempo e da tener sempre in auge.
Con ciò potremmo dire che il loro era un viaggiare nel tempo, o anche fermare il tempo, poichè mantenevano immacolata una stessa visione, una stessa dedizione, un continuum che a quanto pare nessuno era riuscito a fermare, ne le guerre, ne le invasioni, ne le alluvioni, ne i governi e neppure i luccicanti richiami innovativi di nuove occupazioni, nuove economie, a braccetto con lo sfavillio accecante del benessere, e del lusso mondano.
Anzi, qualche studioso o saggio locale riteneva essi stessi un portafortuna, al pari di una sorta di sciamano, o di operatore del buon vivere, che ogni qual volta le nuvole coprivano il sole, era loro compito riportare presto la luce, e la loro opera era un'arte propiziatoria, una preghiera di sacro cuore, un dialogo di vivo animo con la terra, con ciò che ci avrebbe presto riservato, aggiunto o tolto, arricchito o impoverito, cessato o ricreato.
Mastro Oliva perciò come un testimonial, un intermezzo, un custode, colui che tiene duro in tempi duri, e riporta il fiore alla fine di ogni essenziale inverno, un benefattore imparziale, un solitario garante allo svolgimento della vita. Ed ogni tuo simile posto in egual distanza in ogni ameno territorio, ed ogni territorio posizionato in egual circoscrizione intorno alla tua vivace pulsione appartenente solo ad un Mastro Oliva, fiero protagonista di quel romanticismo contadino.
Lo conoscete a Mastro Oliva?!?
Certo! Mastro Oliva, amico di tutti, o tutti si ritenevano suo amico, benvoluto in paese, ma viveva in campagna, fabbricatore di mille idee ma nessuno ascoltava i suoi consigli.
Mastro Oliva, con sempre il suo bel cappello o capello a punta, il suo giocoso carattere, e la sua personalissima collezione di scale, di tutte le grandezze, di tutte le misure, a che li servivano mai? Di notte nessuno lo sapeva, qualcuno dice che l'aveva intravisto mentre inghirlandava alberi circostanti di luci e lucine, di quelle intermittenti natalizie, abbellimenti e decorazioni, stelline e scintillamenti; di giorno, bene, era un campagnolo, un mastro, uso e comune per andar a baciar le sue piante, ed i suoi nobilissimi frutti.
Baciare, perchè lui amava le piante, le sue amate piante che aveva visto crescere, ingrandirsi, proliferare. Il Mastro e l'Oliva, insieme erano un corpo unico, si riconcorrevano, si attendevano, c'era del magnetismo, della candida fascinazione, del barlume di ossessione. A tal punto che il nostro caro Mastro sognava olive di notte, ma anche di giorno, le scorgeva a pranzo sedute presso la locanda, e recapitargli la posta ogni santo fine settimana, ne aveva vista una anche cavalcare il suo bianco cane, ed un'altra stesa sulla penzolante amaca a prender i tenui autunnali raggi solari.
Gli poteva sembrar strano tutto ciò? Ma no, per lui tra olive ed umani c'era poca differenza, anzi le olive erano state sempre tanto gentili con lui mentre degli umani c'era sempre poco da fidarsi, le Olive ammiravano Mastro, gli umani inquietavano Mastro, le Olive giocavano a diventare Mastro, e Mastro era orgoglioso delle sue Olive.
E Mastro ed Oliva si scambiavano, l'uno diventava così l'altro, scambiando ruolo in modo che umano e natura si confondevano, si annodavano, coabitavano, uno diventava improvvisamente più grande dell'altro, o più ciotto, o più affamato, meno scocchiato, più o meno indaffarato, smemorato, spaesato, squattrinato.
Animosamente un giorno li videro rincorrersi, ed il giorno dopo, pure; fine autunno rappresentavano momenti di gran fatica per Mastro, e difatti dopo una settimana la corsa era ancora nel vivo, e la fatica, la stanchezza come il mal di schiena aumentava di giorno in giorno; ci si chiedeva allora come mai un amore si poteva svolger con tanta sofferenza??? Avevan forse bisticciato? ... Ma chè, erano solo delle prove di affetto, prove semplici prove, diventate ancor più intense in quel azzuffarsi, quel movimentarsi perchè Mastro ed Oliva sapevano che presto si sarebbero osservati a distanza, nel sol ricordo di quell'ubriacatura stagionale, nella pazienza che i tempi nuovamente maturassero, nell'attesa da romanticismo contadino ...